giovedì 21 agosto 2014

Giorno 21

Monaco, 17 agosto 2014

A Monaco tutto si ferma, il passato e il futuro si ritraggono lasciando il posto ad un eterno presente, un eterno hic et nunc. A Monaco tutto svanisce, i monasteri ortodossi e i minareti turchi, le donne rumene e quelle francesi. Nulla di tutto questo esiste più: a Monaco c'è solo Monaco. 
Uscire dalla Hauptbhanhof (la Stazione Centrale) racchiude in sé una misteriosa duplice magia, come di uscita dal grembo materno e al tempo stesso ritorno al nido, al monte, all'essenza.
La Baviera ci accoglie bene, è una bella domenica di sole e presto capiamo che non a caso siamo capitati qui in un giorno festivo. Due delle nostre tre tappe fisse, il negozio di giocattoli e l'immensa libreria, sono chiuse (la terza, l'Hofbrauhaus, non chiude mai) e questo ci dà più tempo del solito per girare la città. Le ultime due volte a Monaco, infatti, ci hanno permesso di vedere ben poco. 

Passeggiamo fino all'enorme giardino inglese, dove centinaia di famiglie trascorrono la domenica, tra gruppi di ragazzi che lanciano frisbee, gruppi multietnici che suonano musiche tribali, e persino decine di uomini di mezza età completamente nudi. Il prato è attraversato da un corso d'acqua che seguiamo fino all'estremità opposta. Qui, ai piedi di una specie di pagoda, tavoli e tavoli pieni di carne, bretzel e birra. Ne approfittiamo per bere qualcosa e dividerci un bretzel, accompagnati dalla musica suonata da un gruppo in cima alla pagoda. Tutto intorno a noi sa di vita, compreso il tavolo di tedesche ultrasettantenni accanto al nostro.
Camminando ad un metro da terra, percorriamo una via alternativa per tornare indietro, fermandoci come molti altri ad ascoltare la musica tribale. Il ritmo incalzante delle percussioni arrangiate ispira anziane e giovani bellezze al ballo più sfrenato.
Dobbiamo mangiare presto e dunque facciamo rotta verso la zona dell'Hofbrauhaus, con una piccola deviazione per Odeonsplatz. Ci imbattiamo, attraversando un parchetto, in un tempietto circolare adibito a pista ad ballo, dove coppie di ogni età si lanciano in incredibili performance danzanti. La musica, i colori e persino le acconciature ci danno in qualche modo la sensazione di essere tornati indietro nel tempo, e per un po' ci lasciamo trasportare dal sogno...

Non vi è modo, né in questa né in altre lingue, di descrivere la cena che ci godiamo. Il menù, però, è sempre lo stesso: stinco di maiale, bretzel e litro di birra. Deve essere così che si nutrono gli dei. Un solo elemento di disturbo riesce, per un minuscolo istante, a rompere l'incanto ravvivando forte in noi il desiderio dello schiaffo e del pugno. Una comitiva italiana dall'accento lombardo ci si siede accanto, chiedendoci di aiutarla nella traduzione del menù dal tedesco. Aiuto che neghiamo loro categoricamente quando la bionda signora seduta vicino a Siso domanda: "C'è la cotoletta alla milanese?"
Per fortuna si spostano poco dopo, riunendosi al resto della loro degenerata compagnia. 
Sfamati e contenti facciamo un giro di Monaco al chiaro di luna, ribadendo ad ogni passo la nostra ferma volontà di dedicarle nel prossimo futuro ben più che una semplice giornata.
Tornando in stazione ci fermiamo ad assistere all'esibizione di un artista di strada in grado di alternare performance canore di livello a spassose gag in lingua inglese, costituite perlopiù da insulti "razzisti" legati alle diverse nazionalità del pubblico presente. 

In stazione viviamo l'ultima (dis)avventura del viaggio. Arriviamo praticamente un secondo prima che parta il nostro treno per Venezia, appena in tempo per scoprire che avremmo dovuto pagare qualche euro per riservarci il posto. I vagoni sono tutti pieni, e i controllori non fanno strappi alle regole. Di per sè non sarebbe un gran problema, se non fosse che abbiamo da giorni preso appuntamento a Venezia con Morgan che, col sistema BlaBlaCar, ci porterà a Roma in macchina. 
Ecco allora che le nostre giovani menti, ormai avvezze a districarsi in simili spinose situazioni, si mettono in moto per incastrare treni, autobus, carrozze, monopattini, skilift e deltaplani di mezza Europa. Non è mangiando fettine panate che siamo cresciuti, ed ecco che tutto si sistema esattamente al posto giusto: in fondo alla notte vediamo Venezia.



Siamo arrivati alla fine anche questa volta. Abbiamo resistito due lunghi anni lontani dalle stazioni e dall'asfalto dell'Europa ed ora che tutto sta finendo sentiamo già la spinta verso la prossima partenza. E' giusto, però, lo sentiamo, tornare a casa adesso. Tornare per dare il tempo al corpo e agli occhi di assimilare le meraviglie viste, i segreti svelati, le verità apprese e anche i dubbi sorti.
Dal viaggio si torna più ricchi, in qualche misura più esperti delle cose del mondo, e soprattutto più consapevoli. Fuori dai cuscini delle nostre stanze c'è tutta una realtà in cui un bicchiere d'acqua vale più di qualunque cosa, in cui l'ultimo dei disperati diventa il primo se non l'unico a cui affidarsi, in cui la notte fa freddo anche se è agosto. 

La notte...
E' lei la nostra compagna più fedele, in ogni anfratto del globo seduta ad aspettarci, dietro l'angolo o dietro la montagna. Dolce e cruda, sbronza e placida. 
Ora sì, ora lo sappiamo: qualunque sia la destinazione, qualunque sia il mezzo di trasporto, qualunque somma tu abbia in tasca o sogni in testa, il viaggio è sempre diretto al termine della notte.

mercoledì 20 agosto 2014

Giorno 20

Fiume, 16 agosto 2014

Fiume è l'ultima fermata prima di arrivare a Monaco, tappa sacra dell'InterRail come già vi abbiamo raccontato. La giriamo sospinti dal vento, stanchi all'inverosimile e infreddoliti da fame e stanchezza. 
La città non ci piace granché e il fatto che al mercato non ci regalino del cibo come a Spalato non migliora di certo la nostra opinione. Nemmeno il castello offre particolari emozioni e i 560 scalini che percorriamo per raggiungerlo sono di gran lunga più affascinanti del panorama che da lassù si ammira. 
Il Korzo (corso), ad ogni modo, si lascia piacevolmente camminare, e le montagne alle spalle della città offrono qualche scorcio da cartolina.  
Già delusi dalla mediocrità di Fiume, diamo il colpo di grazia alla giornata contando i pochi soldi croati che ci sono rimasti. 
Abbiamo un "Fondo Monaco", intoccabile, che significa stinco di maiale e litro di birra. Un secondo fondo, il "Fondo Morgan", ci servirà per il rientro a Roma.
In soldi croati abbiamo l'equivalente di una decina di euro da farci bastare, in due, per pranzo e cena. Unica luce: il boccione da 5 litri, battezzato con il nome di Voda, ormai svuotato dell'acqua distillata finita a Spalato e riempito ad una (stavolta affidabile) fontanella. Se non altro, sembra che anche oggi non saremo tentati di entrare nelle chiese per dissetarci con l'acqua santa.
Passiamo il pomeriggio a pensare come sfruttare al meglio il denaro rimasto, rimproverandoci gli inutili vezzi dei giorni precedenti. All'improvviso Fiume si trasforma in Christiania di Knut Hamsun, l'Oslo del capolavoro "Fame", e il tempo sembra dilatarsi all'inverosimile mentre sentiamo lo stomaco contorcersi al ritmo incessante di gorgoglii imploranti. 
Sul far della sera, un Siso un po' John Nash e un po' Cristo riesce ad incastrare le poche monete rimaste in una cena miracolosa che ci rimette al mondo.
Siamo pronti e carichi per la notte che, secondo le nostre fonti, passerà per intero su un curioso treno che da Fiume arriva fino a Monaco. C'è fonte e fonte, però, e la nostra non si rivela così affidabile.
Dopo poche ore di viaggio ci fanno scendere dal treno: siamo in Austria. Davanti a noi, sul binario più vicino, sul fianco di un treno leggiamo la scritta "Munchen Hbf". La seguiamo simili a mosche in picchiata su una lampadina e, come tali, ci schiantiamo. Non sul vetro, ma su una schiera di mini-austriaci pelati dalla faccia cattiva che sentenziano con un sorriso beffardo. "No reservation, no place!"
Facciamo i conti con la realtà, pronti ad attraversare lo stesso inferno pur di arrivare in Baviera. Ci rendiamo conto di essere a Villach, la città di Lena e Selina, e non possiamo fare a meno di notare che il Karma, se esiste, ha un fottuto senso dell'umorismo. Insieme ad una piuttosto ampia compagnia di sbandati come noi, ci troviamo a cercare di prendere sonno con la testa sugli zaini e la schiena sul pavimento della stazione. 
Nota per i lettori: in Austria, di notte, anche ad agosto fa un freddo porco. 
Il nostro treno parte alle 7, ma alle 5 siamo già, o ancora, in piedi (in particolare Andrea, svegliato di colpo da un incubo: "Siso mortacci tua, ho sognato che mi perdevi lo zaino!").
Al piano di sotto della stazione, una specie di pub fa orario continuato. Fa caldo, servono birra, e c'è un tavolo pieno di squinzie: non sedersi sarebbe da sciocchi. 
Facciamo colazione con birra e patatine mentre, sopra di noi, il cielo comincia a schiarirsi e il sole fa la sua comparsa sopra le montagne, puntuale come sempre, puntuale come il treno per Monaco.


martedì 19 agosto 2014

Giorno 19

Spalato, 15 agosto 2014

La notte in treno non fa minimamente rimpiangere la comodità del letto di Ljubljana. A svegliarci sono i panorami meravigliosi della costa croata, illuminati da un pallido sole che promette una splendida giornata. Città, ma sarebbe meglio dire villaggi, incastrati tra il mare e le montagne si susseguono fuori dal finestrino rendendo dolce il nostro mattino più di quanto avrebbe fatto una qualunque colazione.  
Detto questo, però, non si vive di soli panorami e allora, dopo esserci cambiati e attrezzati per la giornata, provvediamo a mettere zuccheri in corpo con un paio di cornetti. Sono appena le 7, ma siamo stracarichi e pronti a tutto.
La città è davvero piccola e ancor più piccola ne è la parte culturalmente più rilevante. Decidiamo di dedicare a quest'ultima l'ancora ampia mattinata, per poi passare la restante parte del giorno a rilassarci sfruttando il bellissimo mare che si stende tra noi e l'Italia.
Attraversiamo le mura del Palazzo di Diocleziano, da intendersi non come singolo edificio, bensì come vero e proprio quartiere storico. Raccolto tra mura, ne apprezziamo le quattro porte (Aurea, Argentea, Ferrea e Bronzea) e saliamo sul campanile della chiesa per abbracciare con gli occhi l'intera città. Ci lasciamo trasportare dagli stretti vicoli che fanno sembrare Spalato uno di quei paesi disseminati nel centro e nel sud dello stivale. Attraversiamo anche il mercato dove ci regalano assaggi di uva e fichi.
La nostra guida Lonely Planet ci consiglia un preciso punto in cui godersi il mare ma noi, in direzione ostinata e contraria, ci rechiamo da tutt'altra parte. Non prima, chiaramente, di aver fatto la spesa per il pranzo, impreziosita da un boccione d'acqua da 5 litri (troppo tardi rivelatasi distillata) e un cartone di vino rosso degno di noi (una specie di Tavernello locale). Seguendo il lungomare di cemento ci siamo spinti fino alla verde collina che sembra proteggere l'intera Spalato prima di tuffarsi nell'acqua dell'Adriatico.
Prendiamo posto sotto un albero che, spaventosamente piegato, fa ombra ad una buona porzione del grosso scoglio che ci ospita. Intorno a noi ci sono piccoli gruppetti di turisti, una famiglia di tedeschi e anche qualche locale, ma la nostra attenzione viene completamente catturata da tre ragazze francesi meravigliosamente in topless. Fanculo, Lonely Planet!
Per raffreddare corpi e animi ci gettiamo in acqua, battezzando il viaggio con il primo bagno nella storia dei nostri InterRail. Mentre la fredda carezza dell'acqua salata ci culla e ci purifica, il sole ormai alto ci brucia le spalle e la schiena, ce ne freghiamo stupidamente pronti a pagarne le atroci conseguenze.
Il pomeriggio scorre così, dopo un pasto frugale innaffiato dall'elegante vinello, nuotando un po' in mare e un po' nelle pagine dei nostri libri (senza trascurare le francesi, sia ben chiaro).

Affamati, torniamo in città dove il salutare e raffinato spuntino prevede gelato e birra, la coppia dell'anno.
Il nostro treno parte abbastanza presto, dandoci appena il tempo di mangiare seduti sul pavimento appiccicoso della stazione. La notte sarà spezzata da un cambio di treno alla stazione di Ogulin, ma quello che entrambi temiamo di più non è la stanchezza: sono le ustioni.




domenica 17 agosto 2014

Giorno 18

Ljubljana-Zagabria, 14 agosto 2014

Il risveglio non è certo dei più facili. Il telefono suona alle 6, con buona pace dei nostri compagni di camerata (altri due oltre a Massimo). Raccattiamo le nostre cose alla debole luce che filtra dalla finestra. Non fiatiamo, e da sottofondo ci fa il rumore incessante e minaccioso della pioggia. Aprendo la porta svegliamo Massimo, che ci saluta augurandoci buona fortuna e buon viaggio. Ci tuffiamo (è il caso di dirlo) in strada senza troppe esitazioni, le gambe sono ancora addormentate e gli zaini sembrano pesare il doppio del solito. Facciamo una breve deviazione alla piazza del mercato, dove compriamo un litro di latte fresco da un fantastico distributore automatico. Sorseggiando la nostra colazione percorriamo a ritroso la lunga via che unisce la stazione al centro. Incredibilmente puntuali, ci ripariamo dalla pioggia sulla banchina del binario 6. Dal freddo, invece, non c'è riparo, e quando scopriamo che il nostro treno tarderà di cinquantacinque minuti, pensiamo bene di andare a rintanarci nella stazione vera e propria. È così bello che ci addormentiamo ma, dimostrando ancora una volta una precisione sovrumana, ci svegliamo in tempo per il nostro treno. La puntualità, peró, si rivela una volta per tutte essere roba da stupidi. Il nostro treno ha recuperato qualche minuto sul ritardo ed è già partito. In un certo senso non siamo noi ad aver perso lui, ma lui ad aver perso noi. Il percorso alternativo che siamo costretti a fare è più lento, più scomodo e più complicato, ma c'è e tanto ci basta. 
A Zagabria fa freddo, ma almeno non piove. Attraversiamo il centro in lungo e in largo, dalla Cattedrale dell'Assunzione della Beata Vergine Maria, ricostruita dopo il terremoto del 1880, alla chiesa di San Marco, con il particolare tetto di mattonelle colorate. Per puro caso ci imbattiamo in un pub meraviglioso, la Tolkien's House, ispirato in tutto e per tutto alle opere del genio inglese. Il freddo e i problemi intestinali che da Istanbul non ci hanno più lasciato, ci sconsigliano di prendere birre, portandoci a preferire bevande calde, che ci infuocano la gola e il petto di rinnovata energia e profonda fede. La città non è grandissima, ma comunque ci riempie la giornata. Dopo una rapida cena siamo di nuovo in treno. Ad attenderci, a sud, c'è Spalato.

Giorno 17

Ljubljana, 13 agosto 2014

Il giorno 17 comincia molto prima del previsto, ma forse sarebbe meglio dire che il giorno 16 è finito molto più tardi di quanto legittimamente prevedibile. Non riusciamo a deciderci, fatto sta che tutto precipita in meno di un'ora. Sul primo dei due treni che avrebbero dovuto portarci a Ljubljana, siamo nello scomparto a 6 posti con due biondine, che Casty tenta subito di uccidere nel goffo tentativo di riporre lo zaino sulla cappelliera sopra le loro teste. Passano la prima parte del viaggio a fare test di simulazione per l'esame della patente, e da ciò ne deduciamo la giovanissima età. Il controllore, un giovane austriaco che avevamo già inquadrato come stronzo dopo un breve quanto scortese colloquio con Siso, riscontra nei loro biglietti un qualche problema. Le ragazze ci spiegano di avere una specie di pass che, a quanto pare,  non vale per il treno su cui sono appena salite. Per questo, l'infame controllore le costringe a scendere alla prima fermata, Linz, obbligandole a passare lì la notte, in attesa del primo treno utile per Villach, la loro città. In una manciata di secondi, secoli e millenni di cavalleria si concentrano in quei pochi metri quadri diretti a Salisburgo. Diciamo alle ragazze che, per non lasciarle sole, possiamo aspettare con loro. Ringraziandoci abbozzano un rifiuto, ma quando scopriamo la loro età (16 e 18 anni), Andrea rompe gli indugi imbracciando lo zaino. Comincia la nostra avventura notturna a Linz. Le nostre nuove amiche si chiamano Lena e Selina e, appena scese dal treno, ammettono di essere contente di non dover stare da sole. In un primo momento percorriamo le buie strade della cittadina austriaca alla ricerca di un posto aperto. È tardi, peró, e la camminata ci è utile solo a sgranchirci le gambe e conoscerci meglio. Le solite cose: studiare? Lavorate? Avete figli? (Ce l'hanno chiesto per davvero!) Poi tocca a noi: studiate? Siete mai state in Italia? Sapevate che Linz era la città preferita di Hitler? (l'ultima domanda è venuta, manco a dirlo, da Andrea). Torniamo in stazione sotto una leggera pioggia e ci sediamo ad aspettare l'alba. Ci scambiamo curiosità ed esperienze, oltre che qualche parola delle rispettive lingue. Trasmettiamo loro vocaboli fondamentali per la comunicazione in italiano: "pazzoide", "t'ammazzo", "stai alla frutta". Ci parlano di Kierchtag, l'oktoberfest austriaca, che si tiene nella loro città, e ci strappano la promessa di farci trovare lì l'anno prossimo. La notte scorre tutto sommato in fretta, allietata anche da una matta locale talmente fuori di testa da spogliarsi completamente a pochi metri da noi. Belle cose, signori. Facciamo con loro anche una porzione di viaggio in treno prima di salutarle definitivamente. Il nostro viaggio prosegue verso Ljubljana senza intoppi, a parte una poderosa fame. La capitale slovena è la città della separazione. Da qui la strada di Casty prenderà una differente direzione, per portarlo a Roma entro il 15 di agosto. Non vi è traccia, però, di viltà e arrendevolezza nella scelta del buon Castinini, così soprannominato nella notte da Selina, ma solo l'esigenza di ottemperare a precisi doveri familiari. Abbiamo tempo, prima di salutarci, di vedere insieme la città in cui, invece, Siso e Andrea trascorreranno l'ultima notte su un letto; il prossimo cuscino sarà a Roma. Ljubljana è una capitale, ma restiamo sorpresi dalle sue ridottissime dimensioni, come già ci era successo a Bucarest. In un'oretta abbiamo girato tutto il centro, dal triplo ponte all'università, dalle chiese al parco curiosamente chiamato Tivoli. La pioggia e le nostre scarse risorse economiche ci impediscono la gita al castello, e ripieghiamo in un minimarket. Nell'ostello, infatti, c'è la cucina, e né Andrea né Siso vogliono perdere una possibilità del genere. Dopo la spesa salutiamo Casty, che se ne va percorrendo un ponte decorato con terrificanti statue di draghi. La lancia di San Giorgio ti protegga, Castinini. 
La cena è resa ancor più deliziosa dal continuo transitare di giovani francesine sorridenti. Liberiamo loro la cucina dopo una delle cene più belle della nostra vita. Saliamo nella sala comune, dov'è altre Francesi della stessa comitiva attendono pazienti che le amiche cucinino. Giochiamo a scacchi e proviamo a cimentarci con il domino. Fuori diluvia tanto da scoraggiare le ragazze d'oltralpe, che rinunciano ad uscire. In compenso, conosciamo Massimo. È di Roma, in viaggio in moto per la Slovenia, e, alla faccia della Francia, andiamo a bere una birra con lui in un pub poco lontano dall'ostello. Massimo è più grande di noi, di età e di spirito, e ci facciamo trascinare dal racconto dei suoi viaggi in India, lasciando che la fredda birra slovena ci scivoli in corpo. Anche lui ha un blog e ci scambiamo i contatti. La serata è così bella che farla finire dopo due birre ci sembra una grave offesa al Dio dei viaggi. Per questo, tornati in ostello, ci cuciniamo in piena notte un'ottima pasta (burro, pepe, curry e si vola). Il registro della conversazione si abbassa, ma il tono di voce si alza, nonostante l'ora tarda. Ridiamo e scherziamo con la notte slovena e, dopo aver lavato i piatti, la serata finisce su un letto, l'ultimo del viaggio, che è anche il più comodo mai trovato. In due notti ecco tutto il mistero e tutta l'essenza del viaggio. Con Massimo, del resto, abbiamo brindato ai viaggi futuri, che è un po' come brindare a noi, ma di più. 

Giorno 16

Vienna, 12 agosto 2014

Il nostro primo "ostello-mobile" parte per Monaco poco dopo la mezzanotte. Da quando il primo InterRail ci portò lì quasi per caso, la città bavarese si è trasformata nella nostra Mecca, la nostra unica tappa fissa: una casa al centro d'Europa. Anche durante questo InterRail verrà il suo tempo, ma non è questo il tempo. Non ci fermeremo che per una manciata di minuti, utili giusto a cambiare binario e far di nuovo rotta verso Vienna.
Le poltrone sono comode e condividiamo i posti con due ragazze spaventosamente silenziose. La notte si prospetta dolce e tutto, giunti quasi a destinazione, sembrava andare per il verso giusto. Sembrava...I cieli bavaresi, infatti, stavano per giocarci un brutto scherzo. Viviamo una bizzarra disavventura con la polizia locale che non stenteremmo a definire grottesca, se non fosse stata accompagnata da una serie di gratuiti insulti all'Italia, rivolti in particolare al sud. Gli rispondiamo come possiamo prima di salire sul treno in partenza per Vienna portando con noi, oltre agli zaini, una pesante carica di nervosismo, tremando di impotente rabbia. Rabbia rivolta non alla nostra amata città tedesca, bensì alle sue arroganti autorità di polizia (che peraltro fanno vacanze in Italia e vanno matte per il prosciutto di Parma).
Neanche a dirlo, sul nuovo treno dormiamo quasi niente, ma la conversazione ci rasserena gli animi, permettendoci di tornare nella capitale austriaca col sorriso. La "drittata", quindi, puó dirsi riuscita. 
La sosta a Vienna è perlopiù dovuta all'esposizione, al Kunsthistorisches Museum, di una mostra dedicata ai "Padri d'Europa" Augusto e Carlo Magno.
Con gli zaini in spalla ed una leggera pioggia sulla testa, ci dirigiamo verso quella che crediamo essere la nostra meta. Ci accorgiamo di aver completamente cambiato direzione solo una volta arrivati a destinazione. Siamo al "Belvedere", dove sono esposte molte opere di Klimt, tra cui il celebre "Bacio". Valutiamo la possibilità di visitare la galleria, ma il prezzo esorbitante scoraggia presto la nostra curiosità artistica. Poi dal nulla la sorpresa. Una ragazza ci si avvicina porgendoci un paio di biglietti. Parla un inglese stentato e Andrea ne intuisce subito l'italianità (del resto, finora, avremo visto al massimo un paio di austriaci). Ci spiega che a lei e al suo ragazzo, all'entrata, non hanno strappato i biglietti e quindi voleva regalarli. Chi te ce manda...La ringraziamo ricordando la volta in cui, tre anni fa, regalammo ad un italiano un biglietto per la visita al Bernabeu che, consegnatoci per errore, ci avanzava. Casty entra a pagare col nostro fondo comune il terzo biglietto, ed ecco qua che il nostro castello crolla miseramente. Il biglietto appena acquistato ci sbatte in faccia la cruda realtà. Come possiamo aver creduto, anche solo per un momento, che un austriaco pagato per strappare biglietti potesse essersi scordato di strapparne ben due? È tutto molto triste, ma almeno riusciamo a farci rimborsare il biglietto pagato. 
La pioggia aumenta, ma ci incamminiamo verso il museo che cercavamo in origine. Attraversiamo una lunga strada, e poi un'altra ancora che ci porta davanti all'Opera di Vienna. Facendo lo slalom tra butta-dentro vestiti all'ottocentesca, ci accorgiamo che per terra è riprodotta una vera e propria Walk of Fame di compositori. E' così che, romanticamente, ci troviamo a mangiare wurstel seduti tra Mahler e Strauss.
Saliamo ancora sul lungo viale finchè alla nostra sinistra non compare l'imponente complesso museale che stavamo cercando. La mostra sui Padri d'Europa è una parte molto ristretta delle cose che vediamo, dai quadri di Arcimboldo agli antichi orologi barocchi, da mummie egizie a ritratti degli imperatori austro-ungarici. Tuttavia, la stanza dedicata ad Augusto e Carlo Magno, con i suoi pochi ma incredibili oggetti (in particolare la Gemma Augustea), ci ha più di tutte le altre sale trasmesso uno strano senso di magnificenza, rispetto e grandezza. Non sappiamo dire quanto tempo abbiamo trascorso tra le sale del Kunsthistorisches Museum, ma uscendo abbiamo trovato lo stesso cielo plumbeo che ci aveva accompagnati fino all'ingresso. 
Prima di tornare in stazione ci fermiamo in una pasticceria italiana dove Casty e Siso prendono la Sacher, mentre Andrea verte sul più classico dei gelati.
Arriviamo alla stazione appena in tempo per scampare ad un violento acquazzone. Andrea e Siso si concedono una cena nostalgica mangiando la stessa pasta finto-italiana provata nel viaggio di ritorno del secondo InterRail.
Ricarichiamo cellulari ed energie dopo una giornata più stancante di quanto si possa immaginare leggendo queste poche righe. 
Il treno per Ljubljana parte puntuale, del resto siamo in Austria e nessuno sul lavoro cede alla negligenza: nè gli imbianchini, nè gli strappabiglietti, nè gli impiegati delle ferrovie.

martedì 12 agosto 2014

Giorno 15

Budapest-Vienna, 11 agosto 2014


Dopo tre notti passate a zonzo sui treni d'Europa, il letto dello Judit Apartment farebbe impallidire perfino Giorgio Mastrota; tutte le sue certezze in fatto di comodità crollerebbero all'istante di fronte a un sì soave giaciglio. Prima di addormentarci la questione sveglia non è stata nemmeno sfiorata e al mattino dire che ce la prendiamo comoda è un eufemismo. Ogni minuto di sonno è prezioso, ma minuto dopo minuto è un attimo che si fanno le 10, fatidica ora del checkout. L'addetta alle pulizie, con fare deciso ma educato, ci fa notare l'ora e noi ci affrettiamo a lasciare la stanza, decisi a portare a termine il giro della città che la sera prima avevamo programmato. Depositati gli zaini nella locker room dell'ostello ci incamminiamo, con le spalle scariche e il passo svelto, verso la colazione. Andrea e Siso prendono un saccottino dal ripieno ignoto che si rivelerà poi, per la gioia del primo e la perplessità del secondo, contenere uvetta, mentre Casty opta per una torta, il tutto consumato sulle panchine del parchetto lì di fianco. Non abbiamo tutta la giornata, quindi non ci fermiamo troppo a goderci il tiepido sole del mattino, ma ci dirigiamo subito verso il Castello. Attraversiamo ancora il Ponte delle Catene e ci troviamo nella piazzetta da cui parte la funicolare per il castello. Non sono né la fila disumana, né il caldo o il prezzo del biglietto a non farci prendere minimamente in considerazione l'opzione funicolare, ma lo spirito stesso d'avventura e sacrificio che ci spinge a percorrere la nemmeno troppo faticosa salita. Arrivati in cima l'atmosfera è surreale: rivolti al panorama Danubio-città, alle nostre spalle un coro polacco in trasferta comincia ad intonare dei meravigliosi canti verosimilmente di chiesa intrattenendo noi e tutti i turisti presenti. Ci godiamo lo spettacolo a sorpresa, non solo uditivo a guardar bene alcune giovani coriste, ma presto un getto di acqua gelida di ricorda la meschinità dell'esistenza. La ricca esposizione di quadri ospitata dal castello è chiusa ai visitatori il lunedì. E' un peccato, ma fa parte del gioco. La passeggiata prosegue sotto il sole sempre più alto e caldo. Adesso la destinazione è l'ostello, dove andiamo a recuperare gli zaini prima di tornare in stazione e pranzare in attesa del nostro treno. Proprio in ostello mettiamo le mani su una serie di buoni validi per il Burger King che sembrano mandatici dal cielo. Anche stavolta, però, il dio dell'InterRail decide di colpirci, punendo con ogni probabilità la nostra ingordigia. Fraintendiamo il contenuto degli sconti e ci troviamo in un lampo con una valanga di cibo spazzatura e una ventina di euro in meno. Se questa è una sfida, allora vogliamo vincerla: il primo che smarrisce il sorriso ha perso! I minuti passano e il nostro treno è ancora un fantasma. Una incomprensibile scritta campeggia nel tabellone accanto all'orario di partenza. "Cancellato". C'è scritto "cancellato". Cambiamo programma, allora, non rassegnandoci all'avverso fato. Eliminiamo il giro a Bratislava dai nostri programmi e mettiamo Vienna nel mirino. E chi ci ferma adesso? Nessuno, nemmeno il caldo infernale del primo treno su cui saliamo. A Vienna prevediamo di passare la notte a spasso e, a darci il benvenuto chi altri poteva esserci se non Giove Pluvio in vena di scherzi? Esatto, piove e fa freddo. E per chi non si fosse mai trovato nella situazione adatta a scoprirlo, le stazioni, almeno in questa parte del mondo, a una certa ora chiudono. E' solo grazie all'ingegno di Siso e all'efficienza delle ferrovie austro-tedesche, però, che beffiamo anche il vecchio Giove Pluvio. L'idea è questa: passare la notte prendendo un treno di 5 ore fino a Monaco di Baviera e poi immediatamente un altro da lì a Vienna per un totale di 10 ore circa rubate all'asfalto e alla pioggia. Tutto chiaro, cosa potrebbe mai andare storto?